Filetto o verdure? Il cibo non riguarda solo l’alimentazione

Oggi chi dispone di sufficiente denaro può usufruire di una vastissima gamma di alimenti. Le nostre scelte alimentari la dicono lunga sul nostro stile di vita e i nostri valori.

Nella fotografia è visibile una piccola forchetta d’argento a tre denti decorata ad arte. Il manico è leggermente curvato verso l’esterno lungo i lati e più largo verso l’estremità. I suoi bordi sono arricchiti da decorazioni ornamentali.
Foto di una forchetta dall’argenteria della collezione del Museo Tamaki Paenga Hira di Auckland
© Collection of Auckland Museum Tamaki Paenga Hira, Creative Commons (CC-BY 4.0)

Mangiamo quello che abbiamo a disposizione e quello che ci piace, il che rivela molto del nostro stile di vita e del nostro sistema di valori. Con il cibo mostriamo cosa possiamo permetterci e quale tipo di alimentazione ci sembra la più giusta. Che si tratti di cucinare nell’intimità della casa, di ordinare cibo da asporto, di fare esperienze gastronomiche o di una grigliata al lago, da soli o in compagnia, a tavola seguiamo determinate regole di comportamento, consciamente o inconsciamente. Nel Medioevo esistevano i cosiddetti galatei, testi in cui venivano descritte le buone maniere da adottare a tavola. Nel 1788 Adolph Knigge pubblicò una raccolta di regole della buona creanza a cui si fa riferimento ancora oggi. Alla fine dell’Ottocento i membri della borghesia svizzera dovevano conoscere le norme comportamentali che si addicevano a tavola, per evitare di commettere delle gaffe durante i banchetti. Chi veniva infatti cancellato dalla lista degli invitati era escluso anche dalla rete delle relazioni economiche.

L’imbarazzo della scelta a tavola

Piuttosto che al galateo, oggi in ambito privato si presta più attenzione alle sottili differenze nella scelta degli alimenti: quali cibi si servono a tavola? Quali sono i criteri alla base di tale scelta? Cosa si vuole trasmettere: esclusività e lusso? Consapevolezza ecologica e comportamento responsabile? O l'appartenenza a un gruppo determinato?

Oltre a essere fonte di nutrimento, il cibo crea un senso di identità e di appartenenza a un Paese, come è il caso del cervelat, la nostra salsiccia «nazionale», della fonduta o della raclette. Per i tifosi di calcio allo stadio mangiare la salsiccia grigliata è divenuto un rituale e assume proprio questo significato. Tuttavia, non tutti hanno la possibilità di comunicare e di trasmettere dei valori attraverso il cibo, infatti le possibilità variano a seconda delle risorse economiche di cui si dispone. Anche in passato la situazione non era diversa.

Agricoltura, industrializzazione, globalizzazione, tendenze alimentari

L’accesso ai prodotti alimentari e la loro disponibilità determinano quello che mangiamo. Fino al 1850 circa si consumavano principalmente prodotti regionali. La dieta dipendeva dalla produzione agricola della regione, dalla stagione e dal raccolto. La carne era consumata soprattutto nei giorni festivi, mentre gli strati sociali meno abbienti la mangiavano solo in occasione di determinate festività e nei giorni di macello. Con l’avvento dell’industrializzazione i ritmi quotidiani e le abitudini cambiarono. A causa dei lunghi turni di lavoro nelle fabbriche, la classe operaia non poteva dedicare molto tempo alla preparazione del cibo e la paga era misera: le conseguenze furono un’alimentazione scorretta e carenze alimentari. L’industria alimentare cominciò allora a produrre cibi già pronti come le zuppe Maggi, consentendo un’alimentazione più sana e riducendo i tempi di preparazione in cucina, mentre la macellazione degli animali venne concentrata nei mattatoi. L’alimentazione divenne allora oggetto della ricerca e vennero diffuse nuove filosofie alimentari, come il vegetarianismo e il «Birchermüesli». Il benessere economico del dopoguerra e la globalizzazione portarono altri cambiamenti. Se negli anni Cinquanta la pizza era considerata un piatto esotico, oggi è possibile trovare specialità di tutto il mondo a prezzi accessibili nella grande distribuzione. Al tempo stesso, i prodotti locali o i prodotti sostenibili e equosolidali sono fortemente apprezzati, anche se una parte dei consumatori acquista alimenti a basso costo o prodotti a base di carne derivanti dall'allevamento intensivo.

Verdure o carne?

Per lungo tempo, l’alimentazione a base vegetale ha avuto un ruolo più importante del consumo di carne. Solo nell’Ottocento in Svizzera si crearono le condizioni per una produzione sufficiente di alimenti a base di carne a prezzi accessibili per tutti. Attorno al 1900 si tentò di migliorare la salute della popolazione con l’introduzione di concetti innovativi per l’alimentazione, come il vegetarianismo. Iniziò così a crollare la convinzione che solo le proteine della carne rendono forti e quindi chi svolge un lavoro fisico (gli uomini in particolare) deve mangiare carne. La ripresa economica dopo il 1945 permise a molti di acquistare prodotti a base di carne. Negli ultimi anni, in seguito alle scoperte sul cambiamento climatico, la controversia sull’alimentazione a base di carne è diventata un tema di attualità, dato che la produzione di carne richiede ingenti risorse e causa emissioni dannose per l’ambiente. Le macellerie diffondono l’idea di un consumo sostenibile della carne e vendono nuovamente alimenti come frattaglie o galline da brodo. Perché uccidere animali se si può seguire anche un’alimentazione vegana? Un hamburger vegetariano è più sostenibile di un filetto di carne? Gli interrogativi di cui discutere a tavola non mancano.

Bibliografia e fonti

Ultima modifica 17.05.2021

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